Nuovo appuntamento con la BioEnergetica degli psicoterapeuti Alexander Lowen e John Pierrakos, il ramo “di confine” della psicoterapia che individua cinque traumi, detti Ferite, verificabili nell’infanzia e che segneranno, ciascuna a suo modo, chi le subisce portandolo ad assumere alcuni tratti ben specifici, nel carattere quanto nel fisico, tali da divenire una vera e propria Maschera, cioè uno standard comportamentale e corporeo, persino con una ben specifica lista di patologie cui si diviene predisposti.
Se nel “capitolo precedente” abbiamo presentato la ferita del Rifiuto, in questa nuova occasione parleremo della seconda ferita, quella dell’Abbandono.
Abbandonare qualcuno non significa solo lasciarlo, ma anche dedicargli meno attenzioni di quanto avrebbe bisogno. Spesso, infatti, tale ferita può insorgere allorquando, nell’infanzia, il bambino si trovi inevitabilmente a subire una condizione di parziale abbandono a causa della nascita di un fratellino o una sorellina: la mamma è inevitabilmente coinvolta ad assistere il neonato nei suoi primi giorni, ma questo il bambino “ferito” non può ancora comprenderlo.
Un’altra ipotesi è quella del figlio che si sente abbandonato dai genitori per ragioni lavorative e professionali, soprattutto se nei suoi primi anni uno dei genitori è rimasto a casa a prendersi cura di lui, rinunciando temporaneamente alla sua vita professionale, ma vi sono numerosi casi simili di “pseudo-abbandoni”, ovvero quegli abbandoni non voluti ma certamente percepiti in quanto tali da chi subisce questa ferita.
Molte persone che subiscono l’Abbandono, inoltre, riferiscono di una incapacità e, in genere, di una mancanza di comunicazione da parte del genitore di sesso opposto, ed hanno finito per credere di non interessargli affatto. Nel tempo, tale senso di disinteresse può arrivare a condizionarlo nella vita sentimentale.
In generale, chi ha subito la Ferita dell’Abbandono non si sente mai sufficientemente nutrito dal punto di vista affettivo, il ché è come percepire una sorta di dolore costante in fondo al cuore. Tale costante sensazione di indigenza, di bisogno, causa nell’Abbandonato la creazione della maschera della Dipendenza.
Questa Maschera è caratterizzata dal punto di vista fisico da un corpo dallo scarso tono muscolare, quasi incapace di tenersi all’impiedi da solo. Sottile, che si accascia, nella vita è sempre alla ricerca di un sostegno, in tutti i sensi.
I suoi occhi sono sempre tristi, grandi, che sembrano invocare aiuto. Sovente le braccia sono molto lunghe, tali da sembrale sproporzionate rispetto al resto del corpo, ma ciò deriva anche dalle spalle perennemente cadenti, come per qualcuno che, da solo, non possa non sentirsi sconfitto in partenza, e si abbatte.
Di primo acchito, la figura del Dipendente parrebbe corrispondere a quella del Fuggitivo (ferita del Rifiuto), anch’esso molto magro ed esile, ma il Fuggitivo possiede una muscolatura scattante ed una postura ben eretta: parrebbe, infatti, che utilizzi la sua struttura muscolare per scattare via di fronte al pericolo di soffrire e che la sua postura eretta, simbolicamente ma non solo, lo aiuti a intravvedere fonti di stress e ragioni per fuggire anche a distanza ragguardevole.
Nel Dipendente, invece, tutto parla di vittimismo. Anche la sua mente produce ragioni continue per cui considerarsi una vittima, un innocente condannato da un destino che mai si decide a cambiare, o da una maledizione che niente e nessuno potrà mai spezzare.
Spesso il Dipendente tenterà di aiutare gli altri, facendo da salvatore, il tutto nella speranza che si affezionino a lui e che lo ricambino con la loro presenza e il loro sostegno costante.
Perennemente gregario nella vita, lascia agli altri il compito di guidarlo, perché se lo ritenessero in grado di sbrigarsela bene anche da solo non riceverebbe più il sostegno altrui.
La sua paura più grande è la solitudine, che cerca in ogni modo di evitare, aggrappandosi letteralmente a chiunque, e spesso instaurando relazioni molto tossiche, sia per la sua innata predisposizione a fare da “sanguisuga” a discapito degli altri, sia per le compagnie sbagliate in cui può incappare pur di non restare da solo.
Ha anche una grandissima paura della morte, propria ma soprattutto altrui, perché sarebbe per lui un abbandono dolorosissimo da vivere.
La sua emozione più costante, manco a dirlo, è la tristezza, una tristezza perenne come un ghiacciaio ad alta quota, della cui origine non è per nulla cosciente, e che nella maggior parte dei casi cercherà di esorcizzare cercando il più possibile la presenza degli altri.
La sua tendenza al “vampirismo” verso chi frequenta lo porta a sviluppare una profonda empatia verso il prossimo: percepisce le emozioni altrui senza alcuna difficoltà e se ne lascia invadere altrettanto facilmente. In un certo senso, più che di “parassitaggio” vero e proprio, si tratta perlopiù di desiderio di fusione con l’altro, proprio perché il suo punto di partenza è quello di una costante sensazione di non riuscire a farcela da solo.
Portato all’eccesso, tale desiderio di fusione può portare all’agorafobia, poiché negli spazi ampi e vuoti l’Abbandonato/Dipendente non trova sostegni materiali immediatamente reperibili e nessuno cui aggrapparsi emotivamente, e ciò che gli si presenta davanti è troppo vasto per riuscire a “fondersi” con esso, o comunque sperare di entrare in una sorta di dinamica di compenetrazione.
Nella vita sessuale, marcatamente nella donna, chi soffre della Ferita da Abbandono tende ad usare il sesso come mezzo per agganciare, “accalappiare” l’altra persona: sentendosi più desiderati, i dipendenti credono di essere più importanti, e confidano che il partner vorrà “ricompensarli” della disponibilità non facendo mancare il proprio supporto negli altri aspetti della vita. Spesso, poi, è proprio la persona abbandonata ad amare di più il sesso e, se coinvolto in una relazione stabile, sovente ne cerca molto di più di quanto non ne desideri il suo partner.
Per quanto concerne le malattie, il fisico del Rifiutato parla chiaro: chi soffre di Abbandono è molto cagionevole e spesso malato.
Soffre spesso di asma, ovvero la difficoltà di espirare, che testimonia quanto il dipendente “prenda più di quanto abbia realmente bisogno”, e quindi non riesca a dare altrettanto. Ma l’apparato respiratorio può presentare problemi ancor più gravi, soprattutto ai bronchi, che hanno più di un legame metafisico con la famiglia.
Anche l’apparato digerente nella sua totalità appare fragile, poiché non crede mai di essere nutrito a sufficienza. Solitamente, inoltre, è molto miope, poiché incapace di “vedere al di là” del suo bisogno primario e delle sue paure più grandi.
Principalmente a causa del suo vittimismo, se inserito in un contesto lavorativo gerarchico, il suo ruolo di vittima può condurlo anche a gravi forme di isteria. In generale, la depressione può essere una compagna piuttosto fedele del Dipendente.
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